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M'illumino in un mese

di Alessandro Ursic

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13 gennaio 2010


Sul suo profilo Facebook, Johnny tiene ancora una foto di quando cantava nei night club di mezza Singapore, bevendo e fumando fino all'alba: sguardo sornione, lunga coda di cavallo e completo fucsia. Immagini di poco tempo fa, ma quella massa di capelli e quello stile di vita sono ormai un ricordo: oggi, passati i cinquanta e «raggiunto tutto ciò che volevo», l'ex viveur ha testa e sopracciglia fresche di rasatura, si sveglia quando sorge il sole, medita, non mangia dopo mezzogiorno e veste una tonaca arancione. Perché, tra le montagne del Nord della Thailandia, Johnny è diventato un monaco buddista. Coronando, dice, «un sogno lungo sette anni».
La scelta era meditata da tempo, ma metterla in pratica non era facile. Lo è diventato quando Johnny ha scoperto il programma Monk for a month, organizzato da una Ong nella sonnolenta Fang, vicino al confine con la Birmania. Per un periodo che va dalle due alle quattro settimane, si può vivere in un vero monastero, fino a essere ordinato novizio. A un prezzo: fino a 700 dollari, a seconda della durata. Cifra che non sembra scoraggiare gli interessati.

Antidoto alla crisi economica
Dopo un anno, Monk for a month veleggia verso il primo centinaio di clienti e si è rivelato un'idea trendy. La sua pagina su Facebook conta già 10mila fan. Johnny, da Singapore, è un caso estremo: è talmente motivato da voler restare monaco a vita, e spera che l'abate di Wat Sri Boen Ruang, il tempio che ospita l'iniziativa, gli conceda questa possibilità. I suoi due compagni di avventura — un trader di commodities brasiliano e uno studente di scienze politiche danese — intendono tornare alle loro vite. Pur non volendosi convertire al buddismo, provano una curiosità profonda verso di esso e verso la cultura locale. Oltre alla religione in sé, è il diverso approccio alla vita quotidiana che li affascina. E sono qui per sperimentarlo.
«Le persone che si sono rivolte a noi sono uno spaccato della società di oggi, e non è un caso che la crisi economica li abbia spinti a riflettere», spiega l'australiano Ben Bowler, fondatore dell'iniziativa. «Abbiamo avuto operatori di borsa, dipendenti col posto a rischio, fumatori accaniti: erano tutti qui per trovare un senso, sfuggire a ritmi di vita frenetici. D'altronde, se gli anni Ottanta erano rappresentati dal soldo facile e i Novanta dal divertimento, nel Duemila c'è un forte bisogno di spiritualità», conclude.

Soldati sulla via dello zen
L'attrazione di europei e americani per le religioni orientali non è una novità. E con le discipline new age in calo, il buddismo continua ad affascinare gli occidentali cresciuti a migliaia di chilometri da altipiani tibetani e foreste del Sud-Est asiatico. Dai soldati americani che decisero di seguire la via indicata dal Buddha dopo aver combattuto in Corea, passando per l'influenza dei primi monaci zen arrivati negli Stati Uniti e alla popolarità del Dalai Lama, la figura dell'uomo in carriera che molla tutto per avventurarsi alla scoperta della sua dimensione interiore è rimasta forte nel nostro immaginario. Romanzi come Il monaco che vendette la sua Ferrari di Robin Sharma (Tea) o la collana autobiografica Phra Farang (monaco straniero) dell'inglese Peter Robinson, hanno messo su carta l'insoddisfazione per la routine di una vita, magari di successo, ma povera d'altro. E poi la rinascita grazie alla meditazione, la nuova consapevolezza che le soddisfazioni materiali non portano alla felicità e che un altro modo di pensare è possibile. Spesso, questo è un pretesto per mettere a frutto negli affari quanto imparato meditando: Sharma, dopotutto, è ora un affermato personality developer e leadership expert.
Il buddismo ha caratteristiche che lo rendono appetibile a chi non trova una risposta soddisfacente nei dogmi delle tre grandi religioni monoteiste e, al contrario dell'induismo, non confonde con migliaia di divinità. Il messaggio, almeno nella forma che arriva dalle nostre parti, è semplice: sii una brava persona, impara a controllare le tue pulsioni terrene, fermati a meditare. Non c'è un Essere supremo, né una punizione divina per non aver seguito un comandamento; solo una serie di precetti da seguire per migliorare il proprio karma. Nessuno ti chiede di convertirti. Ma se vivi interiorizzando gli insegnamenti del Buddha, ne trarrai beneficio.
Questo è quello che fanno gli aspiranti monaci per un mese a Fang. Si può sempre tornare indietro, anche dopo l'ordinazione a novizio. E non tutti ci arrivano: c'è chi sceglie vie di mezzo come il vivere secondo gli otto precetti, invece dei canonici cinque. Oltre a non uccidere, rubare, mentire, tenere condotte sessuali improprie e assumere droghe o alcolici, ciò significa impegnarsi a digiunare da mezzogiorno, nonché a fare a meno di musiche e di qualsiasi trucco o accessorio. Un letto di legno con sottile tatami assicura notti spartane. La vità di comunità con le decine di altri novizi adolescenti, insieme ai pochi monaci adulti, fornisce il contesto. Le ore di meditazione, i canti in lingua pali e le lezioni di teoria — con insegnante un ex soldato inglese convertitosi trent'anni fa e appassionato di studi buddisti — fanno il resto.

  CONTINUA ...»

13 gennaio 2010
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